Non ho mai amato la routine. Ho sempre condotto la mia vita all’insegna di un rigoroso caos e mi è sempre andato molto bene così.
La sola volta in cui ho avuto qualcosa di simile a una routine è stato quando vivevo a Milano. Ogni giorno sapevo che sarei entrata a lavoro verso le 9, avrei mangiato un poke davanti al pc o, se mi andava bene, sotto studio e sarei uscita a un orario improbabile, auspicabilmente prima di mezzanotte, così da evitarmi la chiusura della cassa del Carrefour 24h, altrimenti mi toccava aspettare fino a mezzanotte emmezza che riaprisse. Avrei comprato la mia classica insalata in busta con focaccia di Recco del Carrefour da scaldare al microonde, sarei tornata a casa passando dal Lacerba dove sotto gli occhi di mille persone divertite e alticce avrei sfilato imbarazzata ancora vestita da lavoro con la mia misera spesa, avrei cenato guardando annoiata un pezzo di film che mi stavo trascinando dietro da 3 giorni e sarei andata a letto accoccolata a Gatto. Così fino al weekend, quando avrei dato fondo alla mia dignità (e al mio portafoglio) bevendo tutta Milano e provincia. Raccontata così sembra una vita terribile, ma in realtà non lo era…certo era molto lontana dall’essere una routine salutare!
Ora mi ritrovo a dover impostare una routine per mio figlio. Una serie di parole che non pensavo avrei mai pronunciato nella stessa frase. Peraltro avrei già dovuto iniziare da tempo a crearne una dato che mio figlio ha 10 mesi. Ma ogni volta che ci provo la mia indole caotica sembra ostacolarmi.
Per adesso siamo riusciti a stabilire una routine mattutina. Leo sa che una volta alzato verrà cambiato, farà merenda e si laverà i denti. Non necessariamente in questo ordine. Fin qui tutto bene. Poi però la situazione mi sfugge di mano. Penso che sia l’euforia di riuscire a realizzare i primi tre step a compromettermi. Mi sento organizzata, mi gaso troppo e tac, è lì che perdo il controllo. E così tra nanna, svago, parco, nonni, spesa, imprevisti e quant’altro finisco per fare un gran casino: lo faccio addormentare troppo tardi, il pranzo (già ritardato rispetto al piano originario dato che per cucinare due zucchine impiego lo stesso tempo che per risolvere un cubo di Rubik) gli slitta e insieme a lui anche il pisolino post pranzo, che diventa l’ape-pisolino, il ritardo si accumula, si accumula e generalmente alle 20.30, quando buona parte dei bimbi della sua età è già mangiata, pigiamata e rilassata, il mio Leo è ancora lì, con la bava alla bocca e gli occhi lobotomizzati che rosicchia una gamba del tavolo mentre io cerco di capire come avviare il minipimer. Chiaramente a far le spese di questo susseguirsi di ritardi è il bagnetto, che finisce per essere posticipato in eterno, un po’ come la famosa dieta che inizia lunedì. Segue alla cena uno sconsigliatissimo momento di svago, interpretato dal mio compagno come un “Spariamoci una partita a Guitar Hero”, e poi la nanna.
Prima dell’estate ero riuscita a stabilire un rituale della nanna: dopo la cena a Leo veniva messo il pigiamino, quindi da in braccio si dava la buonanotte al mondo e si tiravano giù le tapparelle e infine ci si metteva a letto sotto un cielo di stelline luminose, cullati da un gradevole sottofondo di cicale. L’idillio si è interrotto nel momento in cui la scatola delle stelline si è scaricata e Leo ha raggiunto i 10 kg. Ora il rituale è: “Figlio, è tardi, smetti di rotolare e dormi” senza più pigiamino, stelline, cicale. Vi confermo che non funziona.
In sostanza stabilire una routine non è facile e devo ammettere che ancora non credo di essere riuscita a dare a Leo quella serenità che una routine potrebbe garantirgli. Però di certo gli ho già impartito un’importante lezione di vita: per quanti schemi ti puoi fare, la vita è imprevedibile, non sai mai cosa ti riserva!