alimentazione, ordinaria follia, vita da mamma

TI “SVEZZO” IN DUE

Il mio approccio allo svezzamento è stato un po’ come il mio approccio alla vita in generale: caotico.

Nella mia ignoranza mi ero illusa che potesse essere facile introdurre dei cibi solidi nella dieta di un bambino… Alla fine ero riuscita ad abituarmi a farmi mungere via la linfa vitale da una specie di hobbit con una dipendenza da latte, riscaldargli una pappetta liofilizzata non sarebbe stato problematico.

Successivamente però ho dovuto ricredermi dato ho scoperto dell’esistenza di almeno ventordici modi di svezzare un bambino, tutti contraddistinti da acronimi enigmatici tipo ACR, BLISS e BLW, e tutti dei quali non avevo capito una mazza. L’unica cosa che avevo capito è che sbattere del comodissimo omogeneizzato in una scodella non andava più di moda, perché, cioè, se oggigiorno non fai a listarelle pure tu suocera non sei nessuno.

Volendo essere una mamma all’avanguardia e affascinata dall’idea di scoprire a cosa servisse effettivamente quella stanza della casa che gli esperti chiamano “cucina”, ho iniziato a informarmi sull’autosvezzamento. Ho studiato tutte le linee guida ministeriali e dell’OMS, ho letto il libro di Pediatra Carla e creato per lui un apposito altarino in cucina, ho fatto il corso sullo svezzamento di Verdiana e stampato tutte le sue proposte di menù, ho imparato a memoria i tagli sicuri e la lista dei potenziali alimenti allergizzanti, ho fatto persino un corso di disostruzione delle vie aeree e primo pronto soccorso pediatrico.

Marco in tutto questo era assolutamente contrario a fare autosvezzamento (o ACR che dir si voglia), ma io ormai ero lanciata come una palla da bowling. Allo scadere del 5 mese di Leo ero pronta a listarellizzare la qualsiasi con la precisione di un samurai.

E il fatidico momento è arrivato! Ricordo ancora il pomeriggio in cui ho deciso di far provare a Leo una listarella di pera matura. Marco ed io ci sorridevamo un po’ tesi ma anche emozionati mentre io avvicinavo la listarella al viso di Leo. Leo l’ha guardata, l’ha studiata un attimo, l’ha assaggiata e PUF listarella sparita. Per intero. Nella sua bocca. Marco ed io ci siamo scambiati uno sguardo di terrore che è sembrato durare un anno. Per un attimo mi è risuonata nelle orecchie la frase del tizio del corso di disostruzione “mai mettere le mani in bocca a un bambino a cui è andato qualcosa di traverso”, ma ormai il mio panico aveva messo il pilota automatico ed avevo già due dita nella bocca di Leo. La listarella era già sparita e Leo, a differenza mia e di Marco, stava benissimo, solo un po’ infastidito dalla presenza di due dita altrui nel suo cavo orale.

A seguito di quell’esperienza il mio rapporto con lo svezzamento è diventato un po’ schizofrenico. Difatti per un periodo ho continuato a listarellizzare tutto, però poi guardavo le listarelle, mi imparanoiavo perché mi parevano troppo grosse e quindi le spiaccicavo furiosamente fino a che non le pappizzavo. Dopo un po’ ho capito che nonostante tutte le mie letture e i miei studi non avevo la sanità mentale per darmi all’autosvezzamento nudo e crudo. Ho quindi preferito adottare un approccio che mi facesse sentire più a mio agio, che definirei SQS “svezzamento quasi spinto” (tanto per aggiungere alla lista un nuovo acronimo), non proprio tradizionale ma un po’ più audace, che poi nel tempo si è evoluto un mix tra svezzamento tradizionale e autosvezzamento, culminando dopo alcuni mesi nell’apogeo della listarellizzazione.

Da quando Leo ha superato i 12 mesi e ha messo 4 denti la situazione è decisamente migliorata. Non mi impanico più neppure quando si infila un petto di pollo intero in bocca (cosa che accade non di rado!) e anzi, vederlo mangiare di tutto è un piacere…salvo quando tira il cibo addosso a me o alle pareti della cucina!

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